COMUNICATO STAMPA PROGETTO “SAVE PLAY DEL DUCA”
Tutto il nostro lavoro si fonda su pochi ma inderogabili tratti essenziali come ad esempio mantenere la struttura dov’è adesso evitando di cambiare le abitudini dei tifosi e un massiccio miglioramento del comfort delle gradinate avvicinando gli spalti al terreno da gioco. L’elemento fondante è il “restauro del moderno” che iconizzi e monumentalizzi i tratti caratteristici del vecchio impianto ponendoli come trait d’union tra passato e futuro non recidendo il legame con la storia del club bensì rafforzandolo. Nel nostro caso ciò viene rappresentato dal recupero dei cavalletti di sostegno delle curve nord e sud. Un tratto caratteristico dell’impianto ascolano che resterebbe ma con una funzione diversa rispetto al passato.
La riconfigurazione dei vari settori dell’impianto potrebbe avvenire step by step consentendo una migliore gestione dell’investimento e un’immediata redditività dell’impianto. Ad ogni fase corrisponde la realizzazione di una porzione autonoma e indipendente dalle altre parti già riqualificate o suscettibili di intervento. In questo modo il funzionamento dei restanti settori non viene pregiudicato in maniera significativa sia nella fase precedente, sia durante la costruzione di ogni specifica porzione. Durante l’iter realizzativo si rende necessaria la migrazione dei tifosi da un settore all’altro, senza però un vero e proprio trasferimento della sede dell’evento sportivo in un’altra città o stadio.
Il tutto verrebbe incentivato da una struttura modulare in grado di semplificare il processo costruttivo. Per quanto riguarda le modalità di realizzazione crediamo che la soluzione più adeguata sia la creazione di una società per azioni di tipo cooperativo che si occupi sia della rigenerazione dell’impianto sia della sua successiva gestione rendendolo di fatto una proprietà degli stessi tifosi. Questo sistema potrebbe essere rafforzato in maniera decisiva dall’ingresso di investitori privati interessati allo sfruttamento degli ambienti commerciali insediati nell’impianto.
A tale scopo si suddividerebbe il complesso in lotti funzionali, secondo uno schema “ibrido”: attraverso dei precisi accordi programmatici, gli investitori privati potrebbero occuparsi della costruzione del livello inferiore destinato alla grande distribuzione e altre attività quali palestre, centri benessere, padiglioni fieristici, e nel contempo anche della costruzione strutturale del corrispondente settore. In cambio, la cooperativa dovrebbe occuparsi della realizzazione di tutte quelle lavorazioni definite secondarie e contemporaneamente, con precisi accordi economici con la società sportiva, della gestione dei negozi legati al merchandising dell’Ascoli Picchio e delle attività all’interno della Supporter Area, lasciando ai privati la gestione degli affitti degli ambienti non legati al mondo del calcio.
L’utilizzo del modello cooperativo garantirebbe inoltre indubbi vantaggi fiscali, nonché il ricorso al prestito sociale, ma anche una estrema semplicità negli aumenti di capitale attraverso l’ingresso di nuovi soci. Inoltre la sottoscrizione di quote potrebbe essere anche economicamente appetibile come piccolo investimento immobiliare “innovativo” in tempi di crisi del settore. Tali modelli di tipo cooperativo sono già stati applicati in molte parti all’ estero, un esempio è lo Stadio dell’Union Berlino. La nostra attuale sfida è riuscire ad adattarli ad un contesto normativo piuttosto complesso come quello italiano.
Ing. Albano Rubicini – Ing. Francesco Santini – Ing. Fulvio Cantalamessa