PING-PONG E L’AUTOANALISI
Il ping-pong è uno sport che racchiude molte discipline, la musica e il ritmo. La velocità che libera l’istinto nell’azione. La pausa, che può liberare reazioni emotive o riflessioni costruttive. Il gioco può essere d’attacco. Oppure una pura reazione aggressiva dove la pallina viene colpita con forza, forse con il timore che questa possa tornare indietro. In questo caso il giocatore teme il confronto. E’ come quando due persone discutono, e uno alza la voce, per non far parlare l’altro. In questo caso la psicologia ci aiuta a capire meglio questo sport. Facendo un altro esempio: il gioco pur essendo d’attacco con aggressività moderata. In questo caso il giocatore ha un comportamento riflessivo. Ma nel ping-pong non c’è tempo per organizzare l’azione. Un equilibrio equidistante, fra l’istintività e riflessione, credo che sia la condizione migliore. Una partita per essere giocata con equilibrio, occorre che il giocatore svolga tutti i ruoli dei giocatori di una squadra di calcio, pallacanestro, pallavolo ecc… Se alcuni giocatori non partecipano all’azione, la squadra perde l’efficacia. Così è nel ping-pong, se un giocatore non sa organizzare l’azione per tirare a punto, si perde e si confonde anche se è bravo nel colpo decisivo. Quindi nel gioco molto spesso l’emotività prende il sopravvento. Desiderio di emergere. Necessità di compensare frustrazioni. Bisogno della vittoria o distruggere l’avversario. Oppure incapacità di lottare. O perdita del rapporto con il proprio corpo. Oppure esaltazione e lucidità in sintonia con l’istinto e la ragione. O il terrore della sconfitta. Un giocatore in base al suo gioco può ricavare una sua analisi psicologica. Per capire il dramma della vita, fra il voler essere e il poter essere.